Birre

Gli ingredienti della birra: un viaggio tra “ricette” e creatività

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La creatività del 40%: oltre il malto

La birra, per definizione, deve contenere almeno il 60% di malto d’orzo o frumento. Tuttavia, il restante 40% lascia spazio alla creatività: spezie, fiori come l’ibisco, cereali vari, erbe aromatiche, miele, caffè, sale e persino zuccheri aggiuntivi. Tra questi ultimi, destrine, maltodestrine e pectine migliorano la schiuma e il corpo della birra senza fermentare in alcol.

Alcuni stili tradizionali offrono esempi intriganti: dalle Oyster Stout inglesi, con ostriche, alle Pumpkin Ale americane a base di zucca, fino alle Gose, birre salate tipiche della Germania. Anche l’Italia è protagonista, con la Margose di Donato di Palma, che utilizza acqua marina salata, e la ImpeStout del Birrificio Lambrate, prodotta con cozze. Non mancano poi birre innovative come la Tomato Ale, con pomodorini, o varianti a base di funghi porcini.

L’acqua: il “terroir” della birra

L’acqua rappresenta un elemento fondamentale nella produzione della birra. Misurata in gradi francesi (1 grado equivale a 10 ppm di carbonato di calcio), questa influenza direttamente le caratteristiche del prodotto finale. Ad esempio, l’acqua Lauretana, la più leggera d’Europa, è ancora più delicata rispetto a quella di Plzeň, celebre per aver rivoluzionato lo stile Pilsner.

Ogni regione storica ha sviluppato birre in base alle proprietà locali dell’acqua: le Weiss di Monaco, le Stout di Dublino, le Alt di Dortmund e le Bitter di Burton-on-Trent sono esempi emblematici. Oggi, grazie a tecnologie di correzione chimica, è possibile riprodurre stili anche lontani dal loro luogo d’origine.

L’orzo: la base della birra artigianale

L’orzo, re dei cereali, è disponibile in diverse varietà: distico, a due chicchi, preferito per birre artigianali, e esastico, a sei chicchi, più comune nell’industria. Il processo di maltazione trasforma l’orzo in malto fermentabile attraverso fasi di germinazione e successiva essiccazione.

A seconda della temperatura e del tempo di essiccazione, si ottengono malti chiari, caramellati, scuri e torrefatti. Per esempio, una birra scura come la Guinness utilizza solo il 5-7% di malti scuri, mentre il resto è composto da malti chiari. Il colore della birra è classificato secondo la scala EBC (European Brewery Convention), mentre l’amaro è misurato in unità IBU (International Bitterness Units), con un range da 6 (Gueuze) fino a 100 (APA).

Il luppolo: l’anima aromatica

Il luppolo, pianta rampicante coltivata soprattutto in Germania (Hallertau) e in Italia (Marano sul Panaro), è essenziale per conferire amaro, aroma e conservabilità alla birra. Solo le infiorescenze femminili vengono utilizzate e, nelle Harvest Ale, il luppolo fresco è protagonista, dando vita a birre leggere e stagionali.

Suor Hildegard von Bingen fu tra le prime a documentare le proprietà antiossidanti del luppolo nel XII secolo. Tuttavia, le radici del suo utilizzo nella birra risalgono a molto prima: un reperto del VI secolo a.C., ritrovato a Oleggio (Novara), testimonia l’esistenza di birre luppolate nell’antica civiltà di Golasecca.

Lieviti e Produzione della Birra

Dobbiamo molto alla ricerca. Nel passato i lieviti erano assolutamente sconosciuti, generando sospetti a causa delle fasi tumultuose e delle bolliture che producevano senza un’apparente spiegazione. Con il tempo, grazie ai lavori di Louis Pasteur, si iniziò a studiare il fenomeno. Il lievito pastoriano deve il suo nome proprio a Pasteur, che pubblicò un importante trattato sulla birra, diventato un riferimento per i birrai per molti anni.

Questi studi furono ulteriormente sviluppati grazie al lavoro di Emil Christian Hansen, capo del laboratorio chimico della Carlsberg, un’importante industria danese. Hansen isolò e classificò il lievito Saccharomyces carlsbergensis, dedicando il nome dell’azienda al figlio Carl. Ancora oggi, nella regione di origine, si può trovare la birra con il nome originale “Jacobsen”.

Le Fasi di Produzione

La produzione della birra inizia con il tino di ammostamento, che è dotato di uno sportello per l’introduzione dei cereali maltati o di un mix di cereali. Seguono poi il tino di bollitura, un mulino per macinare i cereali, e i tini di fermentazione. Gli impianti possono essere realizzati in acciaio, rame o acciaio rivestito in legno, offrendo una vasta gamma di opzioni per adattarsi a diverse esigenze produttive.

Ammostamento

Il processo inizia con la macinazione grossolana dei cereali maltati, che vengono inseriti nel tino di ammostamento. Questo processo può essere:

  • Multistep: con diverse temperature per attivare fasi enzimatiche (proteasi, beta-glucanasi, fitasi, ecc.).
  • Monostep: con una temperatura unica stabilita dallo stile di birra desiderato.

Durante l’ammostamento, i cereali vengono mescolati manualmente o mediante appositi strumenti nei tini più grandi. Alla fine del processo, i cereali esausti, chiamati trebbie, vengono rimossi tramite un filtro meccanico posto sul fondo del tino. Successivamente, si esegue uno “sparging”, un risciacquo con acqua calda per recuperare gli zuccheri residui. Le trebbie vengono poi smaltite o utilizzate come alimento per animali, con l’obiettivo di minimizzare gli sprechi, come dimostrano gli studi dell’Università di Torino sul compostaggio per la produzione di metano.

Bollitura e Aromatizzazione

Il mosto filtrato passa alla fase di bollitura, durante la quale vengono aggiunti i luppoli da amaro. Al termine, attraverso un processo chiamato “whirlpool”, si crea un vortice per separare le impurità nei contenitori troncoconici. A questo punto, il mosto è pronto per essere trasferito nei fermentatori, dove avviene l’inoculo dei lieviti.

Nella produzione di birre IGA (Italian Grape Ale), il mosto della birra viene combinato con mosto di vitigno. In questi casi, si utilizzano lieviti neutri per non alterare le caratteristiche del prodotto finale.

Fermentazione

La fermentazione può essere tumultuosa o meno, a seconda dei lieviti utilizzati e del tempo richiesto. Una volta terminata, la birra subisce una filtrazione leggera e può essere imbottigliata o infustata. Durante questa fase, si può optare per il “dry hopping”, un’aggiunta di luppoli a freddo per intensificare l’aroma.

Confezionamento e Maturazione

La birra confezionata può rifermentare in bottiglia o essere conservata in fusti. La maturazione avviene in ambienti caldi per alte fermentazioni o in celle refrigerate per basse fermentazioni (lagerizzazione). Infine, il prodotto è pronto per essere distribuito e venduto.

Grazie a una combinazione di tradizione e innovazione tecnologica, la produzione della birra si è evoluta in un processo altamente controllato e adattabile alle più diverse esigenze produttive e creative.

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